Diocleziano
Autore: Giovanni Costa
pagine: 68
Proprio perché le strutture banausiche della modernità stanno adesso affondando nei negotia venalium rerum, il preambolo editoriale si limiterà a un minuscolo cenno, per chi si accinga a leggere questo aureo profilo di Gaio Aurelio Valerio Diocleziano, alla sua politica economica, ovvero al famoso editto che significò il “più grande calmiere dell’antichità”, per le cui trasgressioni l’imperatore comminava la pena di morte.
E un cenno altrettanto breve alla ‘persecuzione’ suscitata dai quattro decreti con cui il mite Diocleziano consentì a reprimere quella propaganda cristiana che, detestata dal popolo occidentale dell’impero e schernita dai filosofi, estenuava la compagine militare e civile della parte orientale dello Stato romano.
(Chi, invece, compiacendosi di morbose congetture, vorrà distrarsi dalla lettura dello scritto ‘gentile’ di Costa, potrà sfogliare, con cautela, per non subire contaminazioni, il De mortibus persecutorum, scorrendo le rabbiose esecrazioni di un intellettuale cristiano – già chiamato da Diocleziano a Nicomedia, alla cattedra di retorica latina -, il Firmiano Lattanzio: più che un padre, un partigiano della Chiesa – “ein christlicher Publizist“!)
Nel tempo di lettura così risparmiato, il lettore saprà invece riflettere sulle parole con cui Diocleziano rivelava il proprio rispetto e devozione verso la tradizionale religiosità gentilizia.
Dall’editto contro i Manichei: “Coloro che alle antichissime religioni oppongono nuove e oscure sette commettono ingratitudine nei riguardi della divinità, dimenticandone i benefici.
” Dal rescritto sui matrimoni: “Al nostro animo pio e religioso sembrano sopra tutti venerandi, e da osservare con sempiterna devozione, quegli ordinamenti che le leggi romane istituirono a scopo di santità e purità.
Qualora i nostri sudditi conducano tutti una vita pia, religiosa, ferma e casta, noi siamo convinti che gli Dei immortali continueranno a favorire e proteggere, come sempre, il nome romano.
Solo quel che è santo e venerabile può ricevere protezione dalla nostra autorità e dai nostri comandamenti: grazie al favore degli Dei la romana maestà è pervenuta a tanta altezza, giacché sapienza e religione ne ispirarono le leggi.
” Giovanni Costa afferma che la magnanimità di Diocleziano – “la grandezza d’animo e la potenza d’agire di quest’ultimo grande imperatore che s’ispirava alla tradizione dell’antica Roma” (Raimondo Bacchisio Motzo) -, la sua fermezza nel considerare la dignità imperiale più un ufficio da adempiere, una disciplina da praticare in stile castrense che un privilegio da conservare in abito cortigiano, le sue cure attente per gli studi giuridici, storici, retorici, la sua decisione ‘campale’ nel dominio militare, architettonico, finanziario, permisero di restaurare la securitas, la pax: la felicitas dell’Impero.
Dopo di lui, per le terre pagane di Roma, bonificate e redente dal pastore cristiano, nessun capo glorioso – sopra le terre, negli spazi del cielo, sola, la meteora di Giuliano il Grande.