Carmi
Secoli prima della Commedia dantesca, Giovanni Scoto Eriugena, monaco, teologo, insigne traduttore e filosofo irlandese alla corte di Carlo il Calvo, produsse uno sforzo simile per esprimere «la delicata relazione tra Creatore e creatura attraverso l’impiego dell’immagine poetica». Nasce così questa raccolta di carmi intensi, complessi e spesso di non agevole interpretazione, dove incontriamo erudite interpolazioni nel tessuto linguistico latino di termini filosofici e teologici in greco.
L’immaginazione poetica si muove a supporto del pensiero teoretico anche dinanzi al più delicato aspetto del sistema eriugeniano, la necessità di conciliare sussistenza e causalità, trascendenza e presenza costante del divino nel cosmo creato, aggirando ogni sospetto di ‘immanentismo’.
Se infatti, il linguaggio della ragione logica, che sarà sempre quel- lo ordinario e consueto per l’uomo nella sua vita temporale, deve arrestarsi dinanzi a questa variegata organizzazione verticale dei gradi del conoscere, resta tuttavia aperta al filosofo la possibilità di incaricare la poesia per l’efficacia del suo linguaggio evocativo, della sua sonorità penetrante e delle sue immagini significanti – di spingersi oltre i limiti ordinari della razionalità, fino a dire qualcosa, sottraendosi alle regole della scienza e abusando liberamente della loro funzionalità, sulle indicibili verità dell’eterno.
I Carmi rappresentano un'opera importante ma fino a oggi poco nota anche agli storici della letteratura medievale, proposta nell'elegante traduzione in lingua italiana, con testo originale a fronte, di Filippo Colnago, arricchita dall'indispensabile commento storico-filologico e teoretico.