A Vindication of Natural Society può essere letta come un'elegante parodia dei temi e dello stile del deismo libertino che denuncia i mali della civiltà per concludere che ogni governo è pessimo, che guerra, tirannia e corruzione nascono dall'allontanarsi dallo stato di natura.
Progettata forse per attaccare i principî "anarchici" dei filosofi che pretendono di fondare lo Stato sui teoremi della ragione, senza tener conto della complessità della natura umana, oltre e contro il suo intento satirico, si trasforma in una denuncia dei mali della società mercantile, che rappresentano il lato oscuro, non eliminabile del progresso civile.
Ma questo scritto – il primo di Burke – può anche ribaltare la chiave di lettura della personalità del suo autore. Vi compare infatti, sorprendentemente, un Burke anarcoide e libertario!
Non è affatto implausibile pensare che, dietro lo schermo di un'apparente parodia, egli sentisse autenticamente quanto scriveva nella sua Difesa, che egli fosse strutturalmente un libertario, divenuto poi liberal-conservatore perché orripilato dagli eccessi, non già delle libertà della Rivoluzione francese, ma da quelli del dispotismo che essa generava.
Edmund Burke (1729-1797)
Scrittore e uomo politico, difensore del costituzionalismo inglese, dei diritti dei coloni americani e degli Irlandesi, legò la sua fama alle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, recisa condanna dell'idea di rivoluzione in sé, e di ogni aspirazione a rovesciare l'ordine esistente in nome di ideali razionalistici e di astratti diritti dell'uomo.
Ispirandosi ad un liberalismo sorretto da concretezza storica, fin dalle prime opere, Difesa della società naturale e Ricerca filosofica sull'origine delle nostre idee sul sublime e sul bello, ribadì il ruolo di meccanismi non intellettuali, nella sfera estetica come in quella sociale e politica, e la complessità dei processi di cui deve saper tener conto la scienza del governo.
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