Un veneziano alla corte dei Moghul. Vita e avventure di Nicolò Manucci nell'India del Seicento.

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Autore: Moneta M.; pag. 318
ESAURITO

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Tra le testimonianze europee sul continente indiano del XVII secolo, una delle più notevoli è la “Storia do Mogor” del veneziano Nicolò Manucci, giunto in India nel 1656 non ancora diciottenne, dopo un viaggio avventuroso e rocambolesco attraverso l’Impero ottomano e la Persia. Grazie a una serie di coincidenze favorevoli, Manucci si trovò al centro degli avvenimenti che determinarono la storia indiana di quel periodo.

Egli partecipò alle battaglie che decisero le sorti dell’Impero, fu testimone degli intrighi e delle rivalità alla corte Moghul, frequentò i palazzi del potere, conobbe sultani e principi, governatori occidentali e generali dei missionari, asceti sufi e sapienti sadhu. Aveva lasciato Venezia ancora adolescente e pressoché privo di istruzione, eppure seppe esercitare attività e professioni tra loro molto diverse: fu capo artigliere nell’esercito del principe Dara Sikoh durante la guerra fratricida con Auragzeb, futuro imperatore. Abbandonata la vita militare si diede alla medicina, divenendo medico di corte di Bahadur I; da diplomatico salvaguardò i rapporti con la comunità portoghese e le compagnie commerciali inglesi e francesi.

Fu incaricato di partecipare alle discussioni insorte fra i missionari cappuccini e i gesuiti sui riti malabarici, che costrinsero il pontefice ad inviare un cardinal legato sul posto. Il racconto del mondo moghul e hindu spazia dal racconto di viaggio attraverso l’India alla descrizione del palazzo reale e della sua organizzazione; dall’illustrazione del gettito fiscale agli appannaggi per nobili e soldati; con osservazioni su animali, piante, fenomeni naturali e cibi esotici.

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