Un nemico ancora attuale. Napoleone Bonaparte
Autore: Nisticò U.
Pagine: 88.
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“L’atto politico del bonapartismo –come del suo antico modello, il cesarismo– fu l’impiego dell’esercito e dei successi militari come strumenti di governo. Insomma: “l’idea che ha incontrato delle baionette”, secondo il suo detto –per atterrare i corpi e atterrire gli animi, secondo il suo dettato […] Quello di Napoleone Bonaparte fu l’intento, realizzato, di sopprimere le organiche articolazioni della COMUNITÀ tradizionale degli UOMINI, e di organizzare, in suo surrogato, le strutture politiche, le commessure amministrative, le giunture economiche della SOCIETÀ degli INDIVIDUI da città, dei ‘cittadini’: di predisporre, e diffondere, l’insieme dei congegni funzionali alla società borghese.
Le ‘misure di sicurezza’ della società borghese adottate da Bonaparte –e sostanzialmente poi mantenute dagli Stati ottocenteschi e in parte tuttora– impongono l’accentramento statale in politica, e l’appartenenza dell’uomo non più a un ceto naturale ma a una classe secondo la condizione lavorativa […] I nemici radicali di Napoleone non furono i re e politici e gli eserciti che lo affrontarono e lo subirono e infine lo sconfissero, e che poi ridisegnarono a Vienna l’Europa: essi erano, infatti, con qualche differenza, dello stesso sentire e delle stesse opinioni di Bonaparte, e venivano dalla stessa cultura illuministica.
I veri nemici di Bonaparte furono i rurali della Vandea, del Maine e della Normandia, insorti con i loro preti, i popolani che si levarono in armi nel Tirolo, nel Veneto (celebri le Pasque Veronesi dell’aprile 1797), in Romagna, in Toscana, a Napoli (sì, quei Lazzeri che proprio Championnet definì “des héros”), in Calabria; furono i prodi guerriglieri spagnoli […] Refrattari al maleficio dello Stato contemporaneo (il mostro-Stato prefigurato da Schopenhauer e da Nietzsche), noi ravvisiamo in Napoleone Bonaparte la funzione di suo utensile ravvivatore, di ‘vettore’ delle influenze nefaste che tale Stato esercita sull’uomo a lui assoggettato.”