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Sui simulacri
Disponibile
Autore: Porfirio., pagine 288.
Ágalma è il termine greco al centro di questo libro. Ágalma/simulacro, statua del dio che è figura, simbolo e personificazione della divinità.
Sono pochi frammenti – quelli rimasti fino a noi - arricchiti da testo greco a fronte, introduzione e somma di commenti per orientarsi con qualche cognizione di causa nel volumetto adelphiano Sui Simulacri, del filofosfo fenicio Porfirio, allievo insuperato e prediletto di Plotino.
Filosofo vissuto anche in Italia e morto a Roma, non ebbe vita facile. Il suo neoplatonismo ovviamente spiritualista non si conciliava con il Cristianesimo che nel terzo secolo d.C. cominciava a costruire le sue fin troppo durature fondamenta culturali in seno alla civiltà occidentale. Al punto che l’imperatore Teodosio II ordinò di bruciare i suoi scritti, timoroso che provocassero “l’ira di Dio”. E lo aveva fatto già l’improvvido Costantino prima di lui. E non sarebbe potuto mancare, in seguito, Giustiniano. Che è un contrappasso non male per chi aveva invece dedicato parte della sua vita a Zeus, non proprio un’anima candida nemmeno lui. Dove Zeus, le statue che lo rappresentano, costituiscono uno dei simulacri appunto sui quali Porfirio svolge le sue interpretazioni , tese a offrire da una parte una lettura che per la via del simbolo unisce filosofia e religione – una teofania nella quale la statua è un segno che conduce a un disvelamento, seppure mai concluso, com’è della natura del simbolo, del divino – dall’altro arricchisce una possibile esegesi dell’arte classica.
Cristallo o marmo o avorio, la materia stessa utilizzata nelle immagini sacre è un primo tentativo di approssimare la luce del divino; l’incorruttibilità dell’oro rimanda a quella del fuoco; così vale per i colori, le linee, le forme - la sfera e un’idea di definita perfezione del cosmo, per esempio. E vale a proposito quella di Zeus, “universo mondo, vivente fatto di viventi”: la sua antropomorfizzazione non è una diminutio ma l’esplicazione di una genesi delle cose attraverso l’intelletto.
Insomma, per Porfirio le immagini sacre potevano e dovevano essere intese come un modo per avvicinare l’uomo alla realtà esoterica che altrimenti sarebbe stata preclusa.
Dodici illustrazioni, diverse delle quali relative a opere conservate in musei italiani, dalla “Venere in bikini” (Afrodite che si slaccia un sandalo) di Napoli all’”Ecate Triforme” di Treviso, al “Dioniso con tirso” di Roma, danno un’idea degli oggetti sui quali si esercitò la riflessione di Porfirio.
Porfirio di Tiro, allievo prediletto di Plotino, fu il filosofo più temuto dai Padri della Chiesa per la svettante intelligenza e la raffinata erudizione, poste a difesa della millenaria sapienza pagana contro il dilagare della nuova concezione cristiana.
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