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La via metafisica è un'opera capitale, sia perché fornisce, nelle sue poche pagine, un'introduzione corretta a quella parte della metafisico orientale nota come Taoismo, sia perché la sua esposizione - come accade ogni volta che si tratta di metafisica in senso proprio e tradizionale - è estensibile, per analogia, a ogni dottrina tradizionale, e trova il suo compimento e coronamento in quell'altra opera maestra che è Gli Stati molteplici dell'essere, di René Guénon.
«Matgioi» («Occhio del giorno») è il nome iniziatico che Albert Puyou, conte di Pouvourville, ricevette dal proprio Maestro taoista mentre si trovava nel Tonkino come alto funzionario dell'esercito e dell'amministrazione coloniali francesi. Questo nome si trova perciò in testa al volume, non come pseudonimo letterario, ma per indicare che il suo contenuto non è il parto intellettuale di un individuo, ma la trasmissione di un insegnamento tradizionale.
Ciò che caratterizza la Tradizione estremo-orientale, e la rende di così difficile comprensione per noi Occidentali è, per Matgioi, il suo carattere puramente metafisico, alieno da ogni pre-supposizione di tipo sentimentale e fideistico caratteristica invece di quella species sotto cui si presenta la tradizione in Occidente, ovvero come «religione» fondata su una «Rivelazione trascendente».
Nulla di tutto ciò è presente in quel «primo Monumento della conoscenza» costituito dai «Diagrammi di Dio», ovvero gli esagrammi dell’I King, in cui l'evoluzione ciclica dell'universo è mappata con precisione archetipale.
La «Via del Cielo» riassorbe incessantemente-verso la Perfezione Attiva, non-agente e non-manifestata, inconoscibile – le miriadi di esseri che percorrono il loro ciclo di manifestazione. È la Perfezione stessa ad averli messi nella «corrente delle forme», rendendosi così accessibile alla conoscenza come Perfezione non più immobile nell'Unità semplice della sua pura essenza, ma come Perfezione che fluisce nella durata attraverso la produzione delle forme, «dividendosi» indefinitamente negli esseri. È’ l’arcano metafisico della Perfezione Passiva.
Tra le polarizzazioni del «Grande Estremo» si svolge il «cammino del Drago», ovvero la risalita di tutto ciò che è manifestato verso la Perfezione dell'Unità principiale.
Sul «cammino del Drago», l'uomo non ha una condizione privilegiata rispetto a tutti gli altri esseri. Quella umana è soltanto una «stasi», uno stato provvisorio. Se, agli Occidentali, questo può sembrare determinismo evolutivo, lesivo di quella nozione di «libertà» tanto sbandierata quanto poco compresa e ancor meno applicata e vissuta, è invece l'attestazione dell'inevitabile realizzazione del Bene perfetto e assoluto.
Conformandosi alla «Volontà del Cielo», «l'uomo dotato» scoprirà quella libertà - la vera libertà - che nessuna cosa al mondo può ostacolare, né opprimere, né far degenerare; quella libertà da cui la volontà individuale si allontana nell’atto stesso di cercarla, e che consiste nel far tacere i desideri umani e il turbine dei pensieri a non lasciar agire in noi stessi l'attività non-agente dell’Uno.