Il cavaliere con la pelle di pantera.
In pieno centro a Tbilisi, capitale della Georgia, all’inizio del viale che porta il nome del grande scrittore (Rustaveli Avenue) c’è la statua di un cavaliere in armatura, quasi abbracciato ad una fiera, che sembra essere una tigre o un leopardo, e che suscitò la mia curiosità, tanto da chiedere spiegazioni a Lasha, amico georgiano, guida preziosa e interprete indispensabile nel Paese caucasico. La risposta che ne seguì conteneva un amichevole rimprovero, visto che anche in Italia si erano ricordati di celebrare Sciota (o Shota, se preferite la grafia anglofona) Rustaveli, tanto da dedicargli, nel 2009, un busto a Villa Borghese a Roma, collocandolo ad imperitura memoria tra i più grandi poeti e scrittori dell’umanità. Precursore di circa un secolo a Dante Alighieri, Rustaveli è tuttora amatissimo nella sua patria, non c’è città georgiana che non gli abbia dedicato una strada o una piazza. Il poema epico, composto da ben 1671 quartine, racconta le gesta, di Tariel, cavaliere impavido, dei suoi amici Avtandil e Pridon, della principessa Nestan che, come si conviene, oltre ad essere di una bellezza sfolgorante, ha pensato bene di cadere prigioniera di spiriti malvagi, i malefici Kaji, contro i quali i nostri eroi partono, ovviamente senza indugio, per trarla a salvamento.
Amori palpitanti e appassionati, fieri combattimenti, amicizie virili salde come la roccia, ma il vero valore di quest’opera, a detta di chi ha avuto l’opportunità di poterla leggere e comprendere nella difficilissima lingua originale, consiste non tanto nella trama, quanto nell’eleganza formale della scrittura e nell’armoniosità quasi musicale della composizione poetica. Chi scrive non gode purtroppo del raro privilegio di comprendere il georgiano, e si è dovuto “accontentare”, per così dire, di leggerla nella bella e fresca traduzione italiana di Mario Picchi e Paola Angioletti. Tuttavia, ha sentito la necessità di leggere questo scritto al rientro da un meraviglioso viaggio in Georgia, avendo dunque ancora negli occhi le verdi pianure, i fiumi scintillanti, le aspre montagne di questa affascinante regione caucasica, ma avendo ancora di più nel cuore il genuino sentimento di accoglienza, l’offerta incondizionata di amicizia, la lealtà e la fierezza dei georgiani. Con questa premessa dunque, il testo di Rustaveli, a quasi nove secoli dalla nascita del suo autore, brilla ancora di una luce splendente. Credo però che, anche per chi non abbia avuto la fortuna di attraversare la terra di Tariel e dei suoi amici, riesca comunque a risultare piacevole ed interessante, offrendo sentimenti puri e limpidi come il cuore dei suoi avventurosi protagonisti.