I Benandanti. Stregoneria e culti agrari tra '500 e '600.

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Autore Ginzburg C.; pag. 311
ESAURITO

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Nel leggere le testimonianze di questi con­tadini friulani, uomini e donne, vissuti tra ’500 e ’600, si è afferrati, come lo furono gli inquisitori, dallo stupore che si prova di fronte a qualcosa di assolutamente ina­spettato. «Di notte, in casa mia, et poteva essere quattro hore di notte sul primo somno» racconta il benandante Paolo Ga­sparutto «mi apparse un angelo tutto tut­to d’oro, come quelli delli altari, et mi chiamò, et lo spirito andò fuori ... Egli mi chiamò per nome dicendo: “Paulo, ti man­darò un benandante, et ti bisogna andare a combattere per le biade” ... Io gli resposi: “Io andarò et son obediente”». Spinti dal destino perché nati con la camicia – cioè involti nel cencio amniotico – i benandan­ti combattevano in spirito, tre o quattro volte all’anno, armati di mazze di finoc­chio, contro gli stregoni armati di canne di sorgo, per assicurare l’abbondanza dei raccolti. Gli inquisitori si convinsero che dietro questi racconti si nascondeva il sab­ba diabolico: i benandanti non erano ne­mici di streghe e stregoni, come afferma­vano, bensì streghe e stregoni essi stessi. Dalle voci di Anna la Rossa, di Olivo Caldo, di Michele Soppe e di tanti altri, pur filtra­te dai notai dell’Inquisizione, emerge u­no strato profondo di credenze contadine, altrove cancellate. Oggi i benandanti, per tanto tempo dimenticati, viaggiano in spiri­to per il mondo: dall’Europa, alle Ameri­che, alla Cina.

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