Vista dai vinti.La Guerra civile nel modenese (1943-45)

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Autore: Zucchini B., pagine 622.
ESAURITO

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La tranquilla e pacifica Modena ha conosciuto, nella sua storia, pagine di sangue e di tragedia. I giovani che in gran numero leggono queste pagine, difficilmente possono immaginare l'ondata di violenza estrema e bestiale che si è abbattuta sulle nostre terre solo 65 anni fa. Modena era al centro del cosiddetto triangolo rosso, colore del sangue e colore delle bandiere dietro alle quali marciavano coloro che quel sangue hanno versato in quantità mai vista prima. Era la stagione della guerra civile 1943-45, che ha avuto una prosecuzione di autentica bassa macelleria nel periodo immediatamente posteriore alla conclusione degli eventi bellici, quando i cosiddetti vincitori, dimentichi di ogni legge morale e di ogni pietà cristiana, hanno fatto scempio di chi aveva avuto il torto di non saltare immediatamente sul carro del vincitore. Centinaia e centinaia sono state le vittime. E tra queste alto è stato il tributo di sangue pagato dalle donne, che oltre al martirio spesso hanno dovuto subire la profanazione del proprio corpo. Vogliamo utilizzare questo spazio per citare alcune di queste martiri, che dopo aver perso la vita hanno dovuto rinunciare anche al diritto di essere ricordate. Mirka Morselli aveva 22 anni e fu barbaramente uccisa a Monfestino perché rea di aver stretto amicizia con un ufficiale tedesco. La signora Aldina Martini Gualtieri invece fu bruciata viva nella sua casa di Montefiorino perché si era rifiutata di aprire la porta ai partigiani. A Cavezzo la giovanissima Irma Balestri fu rapita, seviziata e violentata per otto giorni, e quindi 'giustiziata'. Lo stesso paese fu testimone anche dell'orribile morte della signora Sala, vedova 65enne uccisa insieme ai due figli. I sedicenti partigiani mostrarono una ricorrente propensione sadica, che consisteva nel violentare le vittime di fronte a padri e mariti, prima di finirle a colpi di arma da fuoco o in maniera ancora più brutale. Fu il caso di Ines Gozzi, di 23 anni, a Castelnuovo Rangone, di Evalda Maini a Gargallo di Carpi, della diciottenne Maria Grazia Nivet di Cavezzo e della giovane studentessa universitaria di Modena Anna Maria Bacchi. La diciottenne Iolanda Pirondi venne crudelmente trucidata a Carpi, mentre a Campogalliano la stessa sorte toccò a Carmen Botti. A Cavezzo, comune che pagò un tributo di sangue particolarmente alto, Prima Cattabriga e Paolina Cattabriga, madre e figlia di 38 e 18 anni, vennero seviziate e uccise insieme mentre Latina Morselli condivise la sua sorte con il fratello. La famiglia Castellazzi, sempre di Cavezzo, era composta da padre, madre e una figlia diciottenne. In questo caso le due donne furono ripetutamente violentate di fronte agli occhi dell'uomo che, estrema crudeltà, venne ucciso per ultimo. A Bomporto la ventunenne Bruna Pellacani venne gettata in un pozzo nero. A Mirandola le signore Iolanda Pignatti e Rosalia Paltrinieri Bertacchi, di 39 e 31 anni, prima di essere sepolte vive, subirono lunghe sevizie e abusi sessuali di fronte ai mariti e ai figli. Nella vicina Medolla Eva Greco, di 23 anni, subì il martirio assieme al padre e al fratello di 17 anni. L'orrore potrebbe continuare e giunge, sotto altre forme, sino ai giorni nostri. Infatti ciò che lascia allibiti è che in un'epoca di buonismo che riserva belle parole a chiunque, anche e spesso a chi non se le merita, queste ragazze non hanno diritto a nulla che ne ricordi il sacrificio. Quelli che sono sempre pronti a riempirsi la bocca di principi e valori che poi quasi mai mettono in pratica, che inorridiscono di fronte a notizie di abusi e violenze contro le donne, tacciono quando abusi e violenze bestiali le ha subite o le subisce chi non la pensa come loro. Queste persone rientrano nella categoria, cantata da Fabrizio De Andrè, di coloro che «danno buoni consigli perché non possono più dare cattivi esempi».

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